Anche Adecco– un’agenzia multinazionale di selezione del personale, con sede a Glattbrugg, nel Canton Zurigo – negli ultimi mesi ha individuato 10 profili che in futuro saranno sempre più ricercati dalle aziende e dai datori di lavoro di tutto il mondo.
Per ognuno di essi, ha descritto skills, ambiti di competenza, prospettive di impiego:
1. Broadband Architect, il nuovo “regista” della tv via web.
Significa letteralmente “architetto della televisione”, ma non quella a cui siamo stati abituati finora, bensì la web tv.
Si occupa delle innovazioni interattive della rete e della curatela dei contenuti della web tv.
È una figura del tutto singolare e piuttosto ricercata al giorno d’oggi perché mixa il “mondo del web”, l’online, la rete e tutti i suoi strumenti insieme a un cult d’altri tempi, la televisione, che tenta di stare a galla tra le nuove tecnologie facendosi “smart”.
Deve quindi possedere un’ottima conoscenza di entrambi i canali d’informazione e preferibilmente aver conseguito un corso di laurea in Comunicazione, Sistemi Informativi, Informatica applicata alla comunicazione multimediale.
2. Category Manager, il responsabile di prodotti dall’acquisto alla vendita.
Le aziende della grande distribuzione, negli ultimi anni, sono cambiate e non si focalizzano più, come un tempo, sul migliore prezzo d’acquisto, ma si orientano sempre più alla soddisfazione – ed alla relativa fideiussione – del cliente.
Il Category Manager può essere considerato un’evoluzione della figura del buyer.
Si occupa di una certa categoria di prodotti dal loro acquisto alla vendita, con l’obiettivo di massimizzare le vendite della categoria.
Dev’essere un esperto di marketing capace di studiare e comprendere il consumatore e le sue preferenze, ma deve anche conoscere il mercato ed essere in grado di lavorare su prodotti (esposizione, promozione, vendita).
È, quindi, il responsabile dell’intero percorso che inizia con l’acquisto di una specifica categoria di prodotti e si conclude con la loro vendita.
Questa figura, oltre avere una laurea magistrale a indirizzo economico o statistico, con particolare approfondimento in Marketing e Comunicazione, deve poter contare su una serie di competenze “non formali”:
a. Intelligenza relazionale. Deve confrontarsi con fornitori monopolistici od oligopolistici, perciò è necessario mettere in pratica le proprie capacità relazionali e diplomatiche per risolvere questioni con il fornitore e sapersi interfacciare sui temi tipici del processo di acquisto.
b. Competenza tecnica. Intesa come una dettagliata conoscenza tecnica e tecnologica di un determinato bene o servizio, oltre che doversi trasformare in un professionista del mercato d’acquisto con l’obiettivo primo di rilevarne le evoluzioni tecnologiche, restare informato sullo status dei fornitori più importanti e sulla dislocazione delle fonti di fornitura in altre aree geografiche.
c. Approccio analitico. Deve saper verificare i fatti, cercare riscontri, individuare i precedenti e ottenere certezze.
Sempre attento al controllo del dettaglio, deve identificare la natura veritiera della questione che si è dibattuta e appurare aspetti e circostanze a prima vista marginali.
d. Curiosità. Deve saper conoscere la realtà oltre i filtri dei “rituali commerciali”, delle offerte sbagliate e delle richieste di acquisto non necessarie per l’azienda per cui lavora.
Non deve mancare neppure curiosità per la strategia del fornitore, per l’asta online che lo stesso ha organizzato, per i risultati di un rilancio su una gara.
3. Cloud Architect, è un architetto che si occupa di progettare e costruire ambienti cloud scalabili e resilienti, quindi facilmente gestibili e in grado di rispondere positivamente al cambiamento e, soprattutto, che si adattino il più possibile alle esigenze di business di un’impresa.
Questa figura, sempre più ambita, è dunque una sorta “facilitatore” nel complesso processo di trasformazione digitale che le aziende stanno vivendo.
Infatti al giorno d’oggi è necessario migrare i propri dati all’interno di un public cloud, un’esigenza che al momento viene soddisfatta attraverso consulenze esterne, che vedono coinvolti singoli professionisti in progetti mirati e a breve termine.
Chiamato ad affiancare i team di progetto nella corretta applicazione di linee guida e nel “troubleshooting” delle problematiche che emergono via via che si utilizzano le applicazioni deve conoscere perfettamente i sistemi di Cloud Computing Architecture e delle soluzioni IT più rilevanti e deve saper comprendere il Back-End e le sue risorse a basso livello.
Completano il profilo un’ottima conoscenza di Informatica Aziendale e competenze in client systems, applicazioni, networking, linguaggio di programmazione, database e big data.
4. Data scientist, è l’analista dei dati che può far crescere l’azienda.
Oggi, quando si parla di dati, si fa riferimento anche ai contenuti condivisi sui social media ai dati bancari, agli archivi di immagini e video, ai segnali Gps e ai dati telefonici.
Considerando che, in fase decisionale, le aziende si affidano sempre più a Big Data, Analytics e Tecnologie Cloud, di Automazione e Machine Learning è fondamentale una figura professionale che si occupi di organizzazione e analisi di grandi quantità di dati (sia strutturati che non strutturati), spesso con il supporto di software progettati ad hoc.
Un buon data scientist, oltre ad una laurea o una specializzazione di livello superiore, possiede una serie di competenze trasversali (in base al settore in cui opera) e alcuni skills:
a. Programmazione: è la capacità più importante del Data Scientist, poiché migliora le competenze in ambito statistico e permette di analizzare una grande quantità di dati con la possibilità di crearsi i propri strumenti;
b. Analisi Quantitativa: è la tecnica di analisi finanziaria che cerca di capire il comportamento dei mercati utilizzando modelli matematici e statistici complessi.
In questo modo è possibile per il Data Scientist scalare la strategia sui dati e implementare il Machine Learning;
c. Comprensione del Prodotto: comprendere i prodotti aiuta a eseguire analisi quantitative, prevedere il comportamento di un sistema, stabilire metriche e migliorare le abilità di debug;
d. Comunicazione: grazie alla quale è possibile sfruttare al meglio tutte le altre competenze
e. Lavoro di squadra: saper accogliere feedback e condividere con altri le proprie conoscenze è fondamentale.
5. Energy Manager, è l’esperto del risparmio energetico.
Questa professione è nata in seguito alla crisi petrolifera del ’73, quando il mondo si è trovato a dover affrontare un’improvvisa diminuzione del flusso di petrolio proveniente dalle Nazioni Opec.
Oggi, in base alla Legge n. 10/1991, le aziende con consumi superiori ai 10.000 TEP (Tonnellate Equivalenti Petrolio, rappresenta la quantità di energia che viene rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo; il suo valore è pari a circa 42 GJ) all’anno, sono obbligatore a nominare un Energy Manager.
Supporta colui che prende decisioni riguardo il miglior utilizzo dell’energia ed il suo punto di forza non è tanto la competenza tecnica (che resta comunque necessaria) e professionale, quanto la capacità di dialogo con la struttura operativa e l’Alta Direzione con l’obiettivo primo di dar vita a una reale politica aziendale di conservazione dell’energia.
Persegue, quotidianamente, le seguenti mission:
a. Individuazione delle azioni, degli interventi, delle procedure necessarie per promuovere l’uso razionale dell’energia;
b. Predisposizione dei bilanci energetici in relazione ai parametri economici e agli usi energetici finali;
c. Predisposizione di dati energetici eventualmente richiesti da legge;
d. Redazione del piano di investimenti, a seguito dell’individuazione di specifici obiettivi di risparmio energetico;
e. Monitoraggio della realizzazione operativa degli interventi di razionalizzazione
Oltre a conoscere i processi di produzione dei beni e dei servizi, l’energy manager deve dimostrare di avere un’approfondita conoscenza del mercato energetico e delle tecnologie idonee a conseguire un uso razionale dell’energia.
6. Growth Hacker, si occupa di ideare e sviluppare le strategie di crescita per la propria azienda e, a detta di molti, è la professione del futuro.
Ritenuto già indispensabile negli States è soprannominato il “pirata della crescita”.
È chiamato ad ideare e sviluppare le strategie di crescita (“growth” in inglese) per la propria azienda e sa ottenere risultati brillanti con budget ridotti.
È un mix tra un ingegnere informatico e un esperto di marketing, ma deve anche saper gestire i canali social ed essere un ottimo content writer.
Dotato di spirito imprenditoriale, ha l’anima del leader e competenze di coding, data analysis, finanza, networking, marketing e design.
7. Plant manager, chiamato anche responsabile di stabilimento o manager di prodotto, presiede e organizza le operazioni quotidiane degli impianti di produzione aziendali, di cui deve assicurare il funzionamento ottimale ed efficiente. Ma non solo.
Si occupa dei lavoratori, assegnando funzioni e ruoli, definendo orari di lavoro e produzione, formando i neo assunti.
Raccoglie e analizza i dati di produzione per trovare eventuali spazi di miglioramento; si occupa della sicurezza dei lavoratori e quella degli impianti; monitora le apparecchiature di produzione (e si attiva per la loro manutenzione ed eventuale sostituzione). Se nelle realtà più piccole può bastare una Laurea triennale in Ingegneria Industriale, Gestione Aziendale et simili, per poter operare con successo nei grandi stabilimenti è necessaria conseguire un Master in Gestione Aziendale. Preciso, affidabile e responsabile, il plant manager perfetto è dotato di
a. Capacità Interpersonali: deve essere in grado di parlare francamente con i dipendenti della fabbrica, i manager e i capi dirigenziali, facendo emergere ciò che funziona e ciò che invece è da rivedere.
b. Leadership: deve saper motivare i lavoratori nel portare a termine le operazioni in maniera regolare, senza ostacoli.
c. Problem Solving: deve saper prendere decisioni in modo veloce per risolvere un qualsiasi problema, come ad esempio identificare dei difetti nella catena di produzione.
d. Time Management: deve far fronte a scadenze e date di spedizione, monitorando le tempistiche in modo preciso e ordinato.
8. Project Manager, il responsabile che fa dialogare il progettista con le imprese e viceversa, è conosciuto in Italia come “responsabile di progetto” e si occupa dell’avvio, pianificazione, esecuzione, controllo e chiusura di un progetto seguendo tecniche e metodi di Project Management.
Il suo core business, infatti, è offrire consulenza ai committenti con l’obiettivo primo di difendere l’idea progettuale dei progettisti.
Assicurando il rispetto dei costi, dei tempi e della qualità del progetto, è chiamato a guidare il team di progetto verso l’obiettivo che intende perseguire il cliente, intercettando l’interesse dell’investitore e parlando la stessa lingua dei professionisti. Può essere considerato il “traduttore” del progetto, che si interfaccia quotidianamente anche con le imprese di costruzione e le pubbliche amministrazioni.
Dotato di competenze trasversali, deve necessariamente avere una formazione tecnica (le aziende cercano profili che abbiano anche competenze sviluppate nel corso di studi di Economia, Marketing e Comunicazione) e contare su buone capacità comunicative e relazionali, doti di leadership e allo stesso tempo di team working.
Lo Scrum Master, può essere considerato a metà tra Project Manager e talent scout.
All’interno di un team di sviluppo di un prodotto è incaricato di garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati utilizzando la metodologia Scrum (prevede la divisione del processo di gestione di un progetto in brevi cicli di sviluppo (sprint) della durata di poche settimane così da riuscire a coordinare lo sviluppo progettuale con le esigenze del cliente).
Nello specifico, si occupa di gestire le riunioni; affianca e invia supporto a chi, in un determinato passaggio, ha bisogno d’aiuto; gestisce i servizi di coordinamento delle persone; fissa gli orari e presiede i meeting quotidiani.
In sintesi, è un supervisore che non ha ruoli di comando, bensì di coordinamento – e per questo è chiamato “leader servitore” (dall’inglese “servant leader”) – per aumentare l’efficienza e il lavoro di chi è impegnato nello sviluppo di un progetto. Metodico, non impone ma sa far appassionare.
Per questo, deve essere autorevole, ma non autoritario e dotato di spiccate doti comunicative e relazionali.
Capace di mettersi al servizio del team con le proprie capacità organizzative, deve essere in grado di gestire interi gruppi di lavoro per portare a termine interi progetti, creando un’atmosfera equilibrata, di partecipazione e coesione tra i membri del team.
Oltre a monitorare costantemente il lavoro del gruppo di riferimento in modo da potersi inserire – con un consiglio o un vero e proprio cambio di strategia – laddove sorgano dei problemi che impediscono lo sviluppo del progetto, deve trascrivere gli step raggiunti dal team e comunicarli ai “piani alti” dell’azienda. Infine, deve assicurarsi che il Product Owner non pressi troppo sul gruppo di lavoro, ad esempio con la richiesta di scadenze impossibili o inserendosi sulla direzione tecnica dello sviluppo – che, al contrario, è responsabilità del team stesso.
9. UX Designer, è responsabile della User Experience e quindi dell’esperienza di un prodotto in linea con l’applicazione; si occupa degli utenti della propria azienda: analizza e interpreta il loro comportamento, le dinamiche e il contesto in modo da costruire un’esperienza positiva per l’utente finale.
L’obiettivo principale del professionista è migliorare la relazione tra prodotti e consumatore.
Lo Ux Designer deve avere, oltre a competenze tecniche di base – un mix tra Studi umanistici (Psicologia, Ergonomia cognitiva, Semiotica), Marketing Digitale e Design -, capacità di osservazione, deve saper concentrarsi sulle persone e avere, di conseguenza, ottime doti comunicative e relazionali.
Dall’analisi si evince che, coloro che già svolgono una professione di tipo digitale beneficiano di un certo vantaggio appartenendo ad un macro-settore che ha ampi e imprevedibili margini di crescita.
Per certi aspetti, di fronte allo stesso spauracchio che ha sconvolto gli amanuensi quando ci fu l’introduzione della macchina da scrivere.
Tuttavia, probabilmente, le professioni che stanno scomparendo saranno “semplicemente” sostituite da nuovi mestieri.
Del resto il lavoro appartiene alla sfera più manifesta e condivisa della realizzazione di sé stessi. T
Tutto ciò è controbilanciato dalla creazione di posti di lavoro in nuovi settori, i “posti di lavoro di domani“.
Nel corso del prossimo decennio, un’ampia quota di nuovi posti di lavoro si troverà in occupazioni completamente nuove, o in occupazioni esistenti che stanno subendo trasformazioni significative in termini di contenuto e di competenze richieste.
Il nuovo lavoratore dovrà stare al passo con i tempi acquisendo competenze specifiche oltre che prendere dimestichezza con le competenze trasversali o soft skills quali: empatia, problem solving, intelligenza emotiva.
Tra le competenze specifiche e maggiormente richieste dalle aziende vi sono:
• Capacità di analizzare dati
• Esperienza e competenza informatica – in particolare la cybersecurity è un ramo verso il quale gli esperti del settore dovrebbero pensare di specializzarsi.
• Competenze in automazione e di conseguenza in intelligenza artificiale.
Il permanente aggiornamento delle competenze professionali è un dato di fatto imposto non solo dalla necessità che hanno i singoli lavoratori di essere appetibili nel mercato del lavoro ma anche nei confronti delle imprese che, per rispondere alle esigenze del mercato, necessitano di professionisti adattabili e flessibili, capaci di recepire i cambiamenti e di essere essi stessi vettore della trasformazione per le proprie imprese.
Si può affermare, come conseguenza di quanto finora evidenziato, che il lavoro in futuro vedrà sempre più lavoratori esperti e specializzati, in grado di lavorare fianco a fianco con l’intelligenza artificiale.